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Venezia75 – Concorso: “The Ballad of Buster Scruggs”, un film di Joel e Ethan Coen, la recensione

The Ballad of Buster Scruggs (id, Usa, 2018) di Joel e Ethan Coen con Tim Blake Nelson, James Franco, Liam Neeson, Tom Waits, Bill Heck, Zoe Kazan, Tyne Daly, Brendan Gleeson, Saul Rubinek, Clancy Brown, Harry Melling

Sceneggiatura di Joel e Ethan Coen

Western, 2h 12′, Netflix

Voto: 7 su 10

Un cowboy dalla pistola lesta e l’ugola d’oro, un rapinatore di banche, un anziano cercatore d’oro, un girovago e il suo fenomeno da baraccone, una zitella in viaggio verso l’Oregon e due cacciatori di taglie in una diligenza: sono i sei segmenti che compongono The Ballad of Buster Scruggs di Joel e Ethan Coen, un’originale produzione Netflix pensata per essere una serie televisiva e poi condensata in un lungometraggio che fa a pezzi l’idea stereotipata del mito della frontiera. Non nuovi alla rivisitazione di luoghi e atmosfere del western, i due grandi autori di Fargo e A proposito di Davis ritornano a misurarsi con un genere fortemente connotato, riuscendo comunque a elaborarne una visione decisamente personale e lontanissima dagli stilemi più tradizionali.

Venezia75 – Concorso: “Napszállta – Tramonto”, un film di László Nemes, la recensione

Napszállta – Tramonto (Napszállta, Ungheria/Francia, 2018) di László Nemes con Juli Jakab, Vlad Ivanov

Sceneggiatura di László Nemes, Clara Royer, Matthieu Taponier

Drammatico, 2h 22′, Movies Inspired

Voto: 5½ su 10

Chiariamolo subito: la visione di Napszállta, opera seconda dell’acclamato László Nemes, il giovane regista ungherese allievo di Béla Tarr e vincitore del Premio Oscar per il folgorante Il figlio di Saul, è tra le cose più ostiche e frustranti della competizione ufficiale di Venezia75, dove era in assoluto tra i film più attesi dai cinefili. Pesantemente simbolico e caratterizzato da un’inintellegibile progressione narrativa, l’opera vuole essere una poderosa metafora dell’Europa che insorge contro l’ancien régime, nel momento di massima tensione tra nazioni in procinto di addentrarsi nell’incubo della Grande Guerra. Ma farsi spazio, assieme alla protagonista, nel magma infernale degli eventi non è impresa facile, specie se la ricerca di risposte è lasciata costantemente e impunemente inevasa.

Venezia75 – Concorso: “Double Vies – Non-Fiction”, un film di Olivier Assayas, la recensione

Double vies – Non-Fiction (Double vies, Francia, 2018) di Olivier Assayas con Juliette Binoche, Guillaume Canet, Vincent Macaigne, Nora Hamzawi, Christa Théret, Pascal Greggory

Sceneggiatura di Olivier Assayas

Commedia, 1h 47′, I Wonder Pictures, in uscita nel 2019

Voto: 7 su 10

Aveva ragione Tancredi Falconeri del Gattopardo: se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi. Sull’annosa questione della rivoluzione digitale riflette Double vies (titolo italiano Non-Fiction), ritorno alla commedia sofisticata per il francese Olivier Assayas, dopo le cupezze introspettive di Sils Maria e Personal Shopper. L’autore di Irma Vep e L’Heure d’été osserva con sguardo divertito il gap forse incolmabile tra globalizzazione e cultura dei pionieri, quel rapporto spesso idiosincratico tra diffusione informatica del sapere e inaffondabili retaggi passatisti e, in definitiva, il vuoto che si interpone tra blog e carta stampata. Ovviamente il confronto non ha né vincitori né vinti, ma l’assillo di tali questioni nella quotidiana esistenza della classe sociale mediamente istruita sembra pressoché incessante.

Venezia75 – Concorso: “ROMA”, un film di Alfonso Cuarón, la recensione

ROMA (id, Messico, 2018) di Alfonso Cuarón con Yalitza Aparicio, Marina de Tavira, Nancy Garcia, Jorge Antonio, Veronica Garcia, Marco Graf, Daniela Demesa, Carlos Peralta, Diego Cortina Autrey

Sceneggiatura di Alfonso Cuarón

Drammatico, 2h 15′, Netflix

Voto: 8 su 10

Era dal 2001, anno del piccolo cult Y tu mamá también, che Alfonso Cuarón non tornava a dirigere un film nella sua terra. L’occasione è per ROMA, un racconto di memorie autobiografiche virato in bianco e nero, con cui il regista di Gravity omaggia le donne della sua infanzia all’interno di un’esplorazione della gerarchia sociale del Messico, paese in cui classe ed etnia sono stati sempre intrecciati in modo perverso. È proprio quest’ultimo aspetto il tratto distintivo di un’opera dal grande rigore formale, che affronta la simbiosi inestricabile tra mondi che, pur nell’evidente distanza, finiscono per sovrapporsi in maniera emblematica.

Venezia75 – Concorso: “Capri-Revolution”, un film di Mario Martone, la recensione

Capri-Revolution (id, Italia/Francia, 2018) di Mario Martone con Marianna Fontana, Reinout Scholten van Aschat, Antonio Folletto, Gianluca Di Gennaro, Eduardo Scarpetta, Jenna Thiam, Ludovico Girardello, Lola Klamroth, Maximilian Dirr, Donatella Finocchiaro

Sceneggiatura di Mario Martone, Ippolita di Majo

Drammatico, 2h 02′, 01 Distribution, in uscita a dicembre 2018

Voto: 6 su 10

Prima che Capri diventasse meta di eccentrici e gozzoviglioni dal portafogli largo – splendidamente sintetizzati da Totò con la figura di Bey Khan di Agapur, l’uomo più ricco del mondo, nell’imprescindibile L’imperatore di Capri – agli inizi del Novecento l’isola nel golfo di Napoli fu il centro di un nuovo fermento multiculturale che, forse, serbava già in grembo quel germe di libertà e apertura mentale che, in maniera corrotta, sarebbe arrivato fino ai giorni nostri in una veste ben più mostruosa e inquietante di esteriorità e commercio. Proprio dalla comune che ivi creò il pittore Karl Wilhelm Diefenbach parte il regista Mario Martone come ispirazione al suo Capri-Revolution, ideale ultimo capitolo di una trilogia sull’Italia tra il Risorgimento e la Grande Guerra che comprende Noi eravamo e Il giovane favoloso, non un film storico, giacché lo spunto realista lascia spazio a una storia di finzione, ma “una trasfigurazione sul valore rivoluzionario dell’arte”.

Venezia75 – Concorso: “The Nightingale”, un film di Jennifer Kent, la recensione

The Nightingale (id, Australia, 2018) di Jennifer Kent con Aisling Franciosi, Sam Claflin, Baykali Ganambarr, Damon Herriman, Harry Greenwood, Ewen Leslie, Michael Sheasby, Charlie Shotwell

Sceneggiatura di Jennifer Kent

Drammatico, 2h 16′

Voto: 8 su 10

Alla violenza e all’ignoranza si deve ribattere con la compassione: un pensiero illuminato e condivisibile, nato all’indomani di un clamoroso e inenarrabile episodio di sessismo al termine della proiezione per la stampa di The Nightingale, sorta di rape & revenge neocolonialista nella Tasmania del 1825, diretto dalla regista australiana Jennifer Kent, unica donna nel concorso ufficiale di Venezia75. A quattro anni dal lodevole horror psichiatrico Babadook, l’autrice porta nuovamente sullo schermo un complesso ritratto femminile che si specchia stavolta non nelle atmosfere minacciose di un interno casalingo, ma nei soprusi di una terra strappata ai suoi primi abitanti dalla potenza inglese. La realizzazione ad alto tasso emotivo, l’assenza di sconti e l’evidente schieramento della platea a favore dell’intrepida protagonista e del suo compagno di avventure aborigeno, devono aver urtato l’infame suscettibilità fascistoide dell’incauto “urlatore” che, per magra consolazione di tutti gli accreditati, è stato prontamente cacciato dall’entità Biennale.

Venezia75 – Concorso: “22 July”, un film di Paul Greengrass, la recensione

22 July (id, Norvegia/Islanda/GB/Usa, 2018) di Paul Greengrass con Anders Danielsen Lie, Jonas Strand Gravli, Jon Øigarden, Isak Bakli Aglen, Seda Witt, Maria Bock, Thorbjørn Harr

Sceneggiatura di Paul Greengrass, dal romanzo “One of Us” di Åsne Seierstad

Drammatico, 2h 23′, Netflix

Voto: 6 su 10

Il 22 luglio del 2011, a Oslo, un furgone veniva fatto esplodere in pieno centro, davanti al palazzo che ospita il primo ministro norvegese, provocando 8 morti e 209 feriti. Neppure due ore dopo, mentre forze dell’ordine e intelligence cercavano di capire cosa fosse accaduto e le informazioni si rincorrevano, sull’isolotto di Utoya, a circa 40 chilometri dalla capitale sotto attacco, un uomo con la divisa da poliziotto sparava su un gruppo di giovani partecipanti a un campo estivo organizzato dal partito laburista, mietendo 69 vittime tra i 14 e i 20 anni e 110 feriti. Il killer era un estremista di ultradestra, Anders Behring Breivik, autore della strage più cruenta mai avvenuta in Norvegia dai tempi della seconda guerra mondiale.

Venezia75 – Concorso: “Opera senza autore”, un film di Florian Henckel von Donnersmarck, la recensione

Opera senza autore (Werk ohne Autor, Germania, 2018) di Florian Henckel von Donnersmarck con Tom Schilling, Paula Beer, Sebastian Koch, Saskia Rosendahl, Oliver Masucci

Sceneggiatura di Florian Henckel von Donnersmarck

Drammatico, 3h 08′, 01 Distribution, in uscita a ottobre 2018

Voto: 6 su 10

La Germania è ancora alla scoperta di una propria memoria storica su quanto avvenuto durante e dopo la seconda guerra mondiale. Il senso di colpa insopprimibile e il bisogno quasi catartico di trovare tracce di resistenza alle barbarie perpetrate col nazismo, trasfigurano nell’arte cinematografica in un film che sfonda le tre ore di durata e che vorrebbe (far) riflettere sul trauma mai risanato di un’intera nazione. Per Opera senza autore ritorna alla regia Florian Henckel von Donnersmarck, autore dell’acclamato Le vite degli altri, Premio Oscar come miglior film straniero nel 2006, a otto anni dal tonfo internazionale (e lagunare, vista la location) di The Tourist. Il banco di prova è un romanzone sentimentale, ispirato a eventi reali, sul significato intimo dell’arte e sulla ricerca d’identità.

Venezia75 – Concorso: “Vox Lux”, un film di Brady Corbet, la recensione

Vox Lux (id, Usa, 2018) di Brady Corbet con Natalie Portman, Jude Law, Raffey Cassidy, Stacy Martin, Jennifer Ehle, Willem Dafoe

Sceneggiatura di Brady Corbet

Drammatico, 1h 50′

Voto: 8 su 10

Atmosfere plumbee e sguardo caustico sulla civiltà del nuovo millennio: è Vox Lux, opera seconda dell’enfant prodige statunitense Brady Corbet, classe 1988, ex attore per Araki, Haneke e Von Trier e già laureato a Venezia73 dove, con il suo esordio The Childhood of a leader, si aggiudicò il Leone del futuro e il premio come miglior film nella sezione Orizzonti. Torna ora, nel concorso ufficiale, con la naturale prosecuzione di un percorso artistico spiccatamente autoriale, che elabora personaggi di fantasia nei panni di testimoni oculari di svolte storiche cruciali: se prima era un bambino dal germe dittatoriale insopprimibile sullo sfondo della Grande Guerra, ora è una popstar internazionale che attraversa gli orrori sociali degli ultimi vent’anni, entrando a farne parte.

Venezia75 – Concorso: “The Sisters Brothers”, un film di Jacques Audiard, la recensione

The Sisters Brothers (id, Francia/Belgio/Romania/Spagna, 2018) di Jacques Audiard con Joaquin Phoenix, John C. Reilly, Jake Gyllenhaal, Riz Ahmed, Rutger Hauer, Carol Kane, Allison Tolman, Rebecca Root

Sceneggiatura di Jacques Audiard, Thomas Bidegain dal romanzo “The Sisters Brothers” di Patrick deWitt

Western, 2h

Voto: 7 su 10

Western con volti americani e sguardo autoriale europeo, The Sisters Brothers è il tuffo del francese Jacques Audiard, il regista dei tormentati Il profeta e Un sapore di ruggine e ossa, nonché Palma d’Oro a Cannes 2015 per Dheepan, in uno dei generi più classici e codificati della cinematografia d’oltreoceano. Da sempre specializzato in storie ad alto tasso drammatico e dai risvolti sociali, stavolta Audiard cambia registro e, con l’aiuto del suo storico sceneggiatore Thomas Bidegain, adatta in maniera puntuale il romanzo omonimo dello scrittore canadese Patrick deWitt.