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“Che disastro di commedia” di Lewis, Sayer e Shields, uno spettacolo di Mark Bell, la recensione

CHE DISASTRO DI COMMEDIA
di Henry Lewis, Jonathan Sayer, Henry Shields

traduzione Enrico Luttmann
con Luca Basile, Alessandro Marverti, Valerio Di Benedetto, Yaser Mohamed, Marco Zordan, Stefania Autuori, Viviana Colais, Gabriele Pignotta
Scene: Nigel Hook, riprese da Giulia De Mari
Assistente scene: Cristina Gasparrini
Costumi: Roberto Surace, ripresi da Francesca Brunori
Musiche: Rob Falconer
Disegno Luci: Marco Palmieri
regia di Mark Bell

In scena al Teatro Brancaccio dal 5 all’8 aprile

Voto: 8½ su 10

Cosa succede quando una produzione amatoriale mette in scena un giallo alla Agatha Christie e sul palco, mentre la performance va in scena, accade ogni possibile disgrazia nello spettro del possibile (e dell’impossibile)? Immaginate – a qualcuno sarà capitato – che gli attori dimentichino le battute, che la scenografia perda pezzi, che un tecnico del suono “distratto” inserisca musiche e effetti sonori fuori tempo. Irritante, fastidioso, certamente imbarazzante sia per le persone sul palco che per il pubblico in sala.

“Nessuno muore”, otto personaggi in cerca d’amore… da soap

NESSUNO MUORE
Testo e regia Luca De Bei
con Andreapietro Anselmi, Maria Vittoria Argenti, Chiara Augenti, Michele Balducci, Federica Bern, Giulio Forges Davanzati, Alessandro Marverti, Arianna Mattioli

Scene: Lorena Curti e Valeria Mangiò
Costumi: Lalla Sabbatella
Videografia: Marco Schiavoni
Luci: Marco Laudando
Assistente alla regia: Maria Castelletto
Aiuto Regia: Lucrezia Lanza
Foto: Pietro Pesce

In scena al teatro della Cometa di Roma fino al 24 maggio 2015

Voto: 5 su 10

È molto spiacevole dover recensire in termini negativi l’ultimo lavoro di uno degli autori più amati e apprezzati del recente teatro contemporaneo. Luca De Bei, anche regista e interprete di grande sensibilità, affronta con Nessuno muore una sfida estremamente rischiosa e di certo apprezzabilissima: proporre un testo teatrale che si struttura in 15 scene, con 8 personaggi che, due alla volta, si affrontano in location diverse e in circostanze mai facili. Tanto di cappello al coraggio, in tempi in cui il teatro è popolato quasi esclusivamente da testi senza sostanza con un numero risicatissimo di protagonisti. Quest’ambizione, però, fa i conti da subito con la disorganicità, l’autoreferenzialità e soprattutto la banalità della trattazione.