“T2 Trainspotting”, un film di Danny Boyle, la recensione

T2 Trainspotting (id, Gran Bretagna, 2017) di Danny Boyle con Ewan McGregor, Jonny Lee Miller, Ewen Bremner, Robert Carlyle, Anjela Nedyalkova, Kelly McDonald, Shirley Henderson, James Cosmo

Sceneggiatura di John Hodge, dai libri “Porno” e “Trainspotting” di Irvine Welsh (ed. TEA)

Commedia, 1h 57’, Warner Bros. Pictures Italia, in uscita il 23 febbraio 2017

Voto: 5 su 10

Era forse il sequel più atteso della stagione, che arrivava a oltre vent’anni dal clamoroso successo del film del 1996. Dopo una lunga serie di rifiuti e ripensamenti, Danny Boyle e l’intera banda di Trainspotting si sono finalmente decisi a far risorgere dalle proprie ceneri i personaggi nati dalla penna di Irvine Welsh, ispirandosi molto liberamente al libro “Porno” del 2002. Ma è evidente che l’ispirazione è solo in parte genuina, i tempi sono cambiati, i protagonisti invecchiati, e sull’intera operazione aleggia una triste atmosfera di sterilità e anacronismo.

53307Lo storico sceneggiatore John Hodge riparte da Renton (McGregor), che era fuggito col malloppo alla fine del primo capitolo: ora è reduce da un piccolo infarto e, soprattutto, da un divorzio che lo costringe a fare ritorno a Edimburgo. Qui ritrova Spud (Bremner), ancora schiavo dell’eroina e in preda a manie suicide, e Sick Boy (Miller), che si mantiene ricattando personaggi facoltosi. In città c’è anche l’irascibile Begbie (Carlyle), riuscito avventurosamente a evadere dal carcere e non dimentico del tradimento subìto dall’amico. C’è un nuovo progetto in conto, la costruzione di un bordello di lusso, ma anche tanto rimpianto per il passato, per le famose “scelte” fatte…

Tutto il film è un continuo rimando alla pellicola precedente, divenuta cult sin dalla sua uscita grazie allo stile folgorante e a una presa immediata sull’immaginario di un’intera generazione. Al contrario, questo seguito ritardatario non farà epoca, pur nel rispetto dovuto a temi e situazioni che i fan non tarderanno a riconoscere. L’operazione nostalgia si esaurisce nei richiami musicali di Rick Smith degli Underworld e in alcune trovate registiche effettivamente indovinate (l’incontro nei bagni tra Renton e Begbie non delude), ma si perde il ritmo febbrile, l’urgenza narrativa e, soprattutto, l’esaltazione dell’attimo. Anche l’aggiornamento del celebre monologo “choose” di McGregor appare privo di reale impegno. Era un sequel che si doveva fare, è stato fatto, anche se il treno era già passato da un pezzo.

Giuseppe D’Errico

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