“Scende giù per Toledo” di Giuseppe Patroni Griffi, uno spettacolo di e con Arturo Cirillo, la recensione

SCENDE GIÙ PER TOLEDO
di Giuseppe Patroni Griffi

regia di Arturo Cirillo
scene Dario Gessati
costumi Gianluca Falaschi
musiche originali Francesco De Melis
con Arturo Cirillo
luci Mauro Marasà
produzione Mache Teatro -Teatro Stabile Pubblico e Fondazione Napoli Teatro Festival

In scena al Piccolo Eliseo di Roma fino al 29 aprile

Voto: 7 su 10

Storia di Rosalinda Sprint, travestito dalla bionda zazzera – colpa della camomilla Schulz – che si dimena su e giù per le strade di Napoli in cerca del vero amore: è Scende giù per Toledo, dall’omonimo romanzo breve di Giuseppe Patroni Griffi, che tanto scandalo provocò alla sua prima pubblicazione, nel 1975, per la descrizione cruda e senza moralismi del travestismo omosessuale. La interpreta con vivo trasporto Arturo Cirillo, che dello spettacolo che anche regista.

Seguiamo Rosalinda nel suo racconto aggrappato alle nebbie dei ricordi, in un continuo alternarsi di voci tra presente e passato: indesiderato figlio “ricchione” per un padre tirannico, scappa a Montecalvario rinascendo a nuova vita, lì batte i marciapiedi alla ricerca di qualche incontro mercenario, si divide tra la casa di incontri a ore della maitresse Marlene Dietrich e la sua cameretta cafona con tappeto di pelo, paravento damascato e letto variopinto, ascolta la testimonianza della Baronessa, morta spiaggiata tra i suoi umori, e litiga con Viacolvento e Maria Callàs. Sogna Rosalinda, perché Napoli le sta stretta, vorrebbe volare in Inghilterra, tra le bianche scogliere di Dover. Gli uomini la usano e la maltrattano, con Gaetano ha scioccamente creduto di poter costruire uno scampolo di felicità, col cugino consuma un sesso sporco, che la gonfia fino a farla esplodere. Neanche Dover è la terra sognata, e allora è meglio tornare a Napoli e ritinteggiare una nuova esistenza.

La prosa ruvida, scanzonata, affettuosa e spietata di Patroni Griffi rivive nell’interpretazione a tutto tondo di Cirillo, che passa dall’intimismo lirico alla ripugnanza senza mai perderne in sguardo poetico su ciò che racconta. Rosalinda Sprint si fa carne e spirito nei suoi gesti plateali, in una blusa turchese e una minigonna troppo corta, nei suoi affanni per non tardare a un’appuntamento, nei suoi sospiri illusi e nelle sue speranze. Il testo, pur nella sua indiscussa importanza, accusa i segni dell’età, ci pensa un’interprete sensibile a portarlo in scena come meglio non si potrebbe sperare.

Giuseppe D’Errico

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