“Nove”, situazioni originali per timide risate

NOVE

di Edoardo Erba
con Massimiliano Franciosa e Claudia Crisafio
regia Mauro Avogradro
Impianto scenico e visioni Ginevra Napoleoni
Costumi Isabella Rizza
Luci Paolo Meglio
Musiche a cura di Ivan Bicego Varengo
Disegno scene Marco Piras Pisanu
Organizzatore Paolo Broglio Montani
Foto e grafica Manuela Giusto
Compagnia Umberto Orsini

In scena al Teatro Argot Studio di Roma fino al 29 novembre

Voto: 6 su 10

Un cinico produttore di bombe intervistato da una reporter compiacente, una donna in fuga da una malattia che l’ha costretta per lunghi anni in ospedale, la segretaria di un professionista molto sui generis, una coppia di amici che assiste ad una vecchia partita di pallone, produttori televisivi che si cimentano nella lettura di un nuovo copione, astronauti che parlano di religione, rapitori in letti d’ospedale, circensi alle prese con numeri magici e, per finire, due anziani coniugi seduti sulla panchina di un parco, in inverno.

Questi i frangenti immaginati da Edoardo Erba, al quale è doveroso riconoscere una bella originalità nell’allestimento di situazioni a dir poco inusuali e, tra loro, molto differenti. Filo comune di questo ensemble di sketch è la ricerca di un’innocua risata, che vuole scaturire non tanto dalle battute dei due protagonisti sul palco – gli energici Massimiliano Franciosa e Claudia Crisafio – quanto piuttosto dalla ricerca costante, in ciascuno dei frammenti drammaturgici, di un colpo di scena, di un effetto speciale di scrittura che spiazzi lo spettatore, caricando all’inverosimile gli esiti delle brevi commediole, già di per se ampiamente nel territorio del racconto surreale.

Ad episodi genuinamente divertenti (i produttori decisi a ingaggiare Gerry Scotti per la conduzione di una trasmissione per cani e gatti e domestici e – soprattutto – i viaggiatori dello spazio alle prese con una bibbia disneyana), si affiancano frammenti meno riusciti (il prestigiatore del deserto e la coppia di amici che guarda la storica partita tra Italia e Germania del 1970), nei quali la singolarità delle situazione non deflagra in un finale convincente, perdendo in forza narrativa e lasciando un deludente senso di incompiuto.

In definitiva, questo Nove non può che considerarsi un blando divertissement, che intrattiene lo spettatore senza aver altra pretesa che dipingere sul volto del pubblico altro che un genuino, blando sorriso.

Marco Moraschinelli

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