“Notturno di donna con ospiti”, De Sio per Ruccello, ed è grande teatro

Pietro Mezzasoma presenta
NOTTURNO DI DONNA CON OSPITI
di Annibale Ruccello

con Giuliana De Sio
Gino Curcione
Rosaria De Cicco
Andrea De Venuti
Mimmo Esposito
Luigi Iacuzio
Scene Roberto Ricci
Costumi Teresa Acone
Disegno luci Stefano Pirandello
Musiche Carlo De Nonno
regia di Enrico Maria Lamanna

in scena al Teatro Sala Umberto di Roma fino al 30 novembre

Voto: 9 su 10

Non sarà mai troppo il rimpianto del teatro italiano (e non solo) nei confronti di un autore come Annibale Ruccello, la personalità più profonda, acida e verace del panorama napoletano degli anni Ottanta, penna precisissima che, con una produzione di soli quattro testi, è riuscita ad acclamarlo come una delle voci più importanti della nuova drammaturgia italiana contemporanea. Scomparso a soli trent’anni in un incidente d’auto, Ruccello sarebbe stato indubbiamente destinato a grandi cose, sebbene quel che di lui ci resta non manchi già di meritare ogni apprezzamento. Come è il caso di Notturno di donna con ospiti, scritto nel 1983, seconda fase di una possibile trilogia d’interni aperta da Le cinque rose di Jennifer e conclusa con Week End, che rivive in questo superbo allestimento di Pietro Mezzasoma e diretto ancora una volta da Enrico Maria Lamanna, dopo le precedenti esperienze del 1996 e del 2003. Oggi come allora, ne è protagonista una magistrale Giuliana De Sio.

Notturno33x48-CopiaL’attrice interpreta Adriana, una casalinga frustrata che vive col marito Michele (Esposito) e i duei figli (con un terzo in arrivo) nell’isolata periferia partenopea. Sola, di notte, si addormenta davanti a un televisore che non funziona, sogna. Arriva la vecchia amica di banco (De Cicco) con la camicetta strappata, poi il di lei compagno milanese (De Venuti) che la seduce, poi torna Michele dal lavoro, infine Sandro (Iacuzio), l’amore di gioventù. In un morboso gioco di mimesi private e di proiezioni del subconscio, Adriana arriverà a compiere un gesto estremo…

Il testo è un vero capolavoro di introspezione psicologica femminile, pieno di tutti quegli elementi che hanno caratterizzato l’opera ruccelliana: la notte, l’ambiente chiuso, una protagonista reclusa, una quotidianità omologata alla massa (siamo in piena epoca commerciale, quella dell’impero tecnologico di televisione, radio e telefoni), l’esistenza di repressione, il sogno come fuga dall’incubo del reale, e l’incubo come valvola scatenante della tragedia, con squarci onirici legati al passato famigliare che diventano il cuore ultimo della narrazione. Lamanna rispetta scrupolosamente ogni dettame originale, convogliando l’intera squadra di lavoro (dalle scene di Roberto Ricci alle luci di Stefano Pirandello, fino alle musiche angoscianti di Carlo De Nonno e ai costumi di Teresa Acone) verso un risultato di magnifica perfezione artistica. Certo, l’autore permette soluzioni sceniche di grandissima suggestione, come per le sequenze che vedono Adriana preda di un delirio affettivo verso i suoi genitori (entrambi interpretati eccellentemente da Gino Curcione), che si materializzano prima nella veranda e poi nella dispensa della cucina, spazi adibiti così a secondo palcoscenico, a una scena dentro la scena. Quest’assoluta fedeltà agli intenti di Ruccello fa sì che la rappresentazione non ne perda mai di ricchezza né di potenza evocativa, dando occasione a tutti gli attori di offrire una recitazione di altissimo livello. Ovviamente giganteggia la De Sio, che ha nutrito negli anni la sua Adriana di un campionario di fragilità, tenerezze e desideri da far venire i brividi. Un lavoro da tramandare ai posteri, un’esperienza di teatro enorme.

Giuseppe D’Errico

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