“Nico, 1988”, un film di Susanna Nicchiarelli, la recensione

Nico, 1988 (Italia/Belgio, 2017) di Susanna Nicchiarelli con Trine Dyrholm, John Gordon Sinclair, Anamaria Marinca, Sandor Funtek, Thomas Trabacchi, Karina Fernandez, Calvin Demba, Francesco Colella

Sceneggiatura di Susanna Nicchiarelli

Biografico, 1h 33′, I Wonder Pictures, in uscita il 12 ottobre 2017

Voto: 7 su 10

Figura complessa quella di Nico, al secolo Christa Päffgen: un’infanzia segnata dall’incubo nazista in Germania, una giovinezza passata sulle passerelle dell’alta moda internazionale, per poi passare al cinema con registi come Fellini (La dolce vita, 1960) e Minnelli (Castelli di sabbia, 1965), le relazioni sentimentali con Brian Jones dei Rolling Stones, con Alain Delon (padre del figlio da lui disconosciuto) e Bob Dylan, fino all’ingresso nella Factory di Andy Warhol. Fu proprio il maestro della Pop Art a introdurla nel gruppo rock dei Velvet Underground, del quale rappresentò l’effimera musa, giusto il tempo di accompagnare Lou Reed col tamburello durante il tour del loro primo e unico album con lei, nel 1967. La carriera di Nico proseguirà da solista, con l’incisione di diversi dischi ma senza riscontrare mai vero successo, anche a causa dei suoi problemi di tossicodipendenza. Finì per trovare la morte a Ibiza nel 1988, per una banale caduta dalla bicicletta. Aveva 49 anni.

NICO1988-PosterIl film che a lei dedica Susanna Nicchiarelli si concentra sugli ultimi due anni di vita dell’artista, immaginata durante l’ultimo tour da lei faticosamente portato a termine nella metà degli anni Ottanta, tra Parigi, Norimberga, Manchester, Roma, e che culminerà in una liberatoria esibizione clandestina a Praga, interrotta dalla polizia. Dell’icona di stile non resta che un rancoroso ricordo: Nico ora è una cantante dal repertorio dark, appesantita nel fisico e nell’animo, soggiogata dal demone dell’eroina e con un rapporto irrisolto col figlio adolescente che vive in un istituto psichiatrico. La seguiamo barcamenarsi tra alloggi fatiscenti, musicisti distratti e incapaci, improbabili interviste radiofoniche e la ricerca di locali dove esibirsi, con la frustrante consapevolezza di non essere più adeguata alle richieste del pubblico. Eppure, è solo sul palco che Nico può dare libero sfogo al suo dolore: per la scena punk europea diventerà la “sacerdotessa delle tenebre”.

La interpreta in modo impressionante la straordinaria attrice danese Trine Dyrholm che, con tutta evidenza, è il traino di un film appassionato e originale, capace di raccontare la donna oltre il mito evitando qualunque agiografia, ma senza risparmiare momenti di autentica intensità. Alla sua terza prova cinematografica, dopo Cosmonauta e La scoperta dell’alba, la Nicchiarelli conferma la tendenza a indagare il passato nostalgico delle memorie d’infanzia dei suo personaggi, oltre che propri, spaziando con sincera sensibilità in percorsi esistenziali femminili che, un po’ per volta e non senza fatica, perdono la patina gravosa del ricordo per confrontarsi con un presente che deve fare ordine tra le macerie. Al film, forse, manca quella spinta di vitalità che avrebbe dato ancora più senso alla rivalsa di Nico sul suo passato, ma sa certamente come toccare le corde giuste dell’emozione, che nelle esecuzioni canore della Dyrholm tocca l’apice. Premio Orizzonti come Miglior Film alla 74. Mostra del Cinema di Venezia, tra gli applausi.

Giuseppe D’Errico

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