Les ballets jazz de Montréal: una festosa celebrazione della gioia di vivere

LES BALLETS JAZZ DE MONTRÉAL

Mono Lisa
coreografia di Itzik Galili
assistente coreografo Elisabeth Gibiat
composizione di musica e suoni Thomas Höfs with Itzik Galili
ballerini Céline Cassone e Alexander Hille
Kosmos
coreografia di Andonis Foniadakis
musiche di Julien Tarride
luci di James Proudfoot
costumi di Philippe Dubuc
Harry
coreografie di Barak Marshall
musiche di Tommy Dorsey, Taraf Ionel Budisteanu,Balkan Beat Box, The Andrews Sisters, Anatol Stefanet, Dejan Petrovic, Sidney Bechet, Varsavia Village Band, il Quartetto ungherese, Goran Bregovic, Maria Callas, Wayne Newton
lighting design Daniel Ranger
costumi di Anne-Marie Veevaete

Voto: 8 su 10

Quella andata in scena sul palco del Teatro Brancaccio in Roma è una riflessione a tutto campo sui molteplici aspetti della natura umana che, attraverso il linguaggio della danza contemporanea, trova corpo terreno nelle geometriche movenze dei 14 danzatori de Les ballets jazz de Montréal.
Apre la serata Mono Lisa, il passo a due elaborato dal coreografo israeliano Itzik Galili per Céline Cassone e Alexander Hille, danza di corteggiamento e seduzione di una coppia che, sulle note di una musica che richiama il suono prodotto da una macchina da scrivere, attualizza il gioco di corteggiamento/seduzione/ scontro di un uomo e di una donna nel quale l’elemento femminile per grazia, forza e determinazione non è mai né secondario né subalterno al suo compagno che – sul palco – la dottissima ballerina Cassone finisce (letteralmente) per sovrastare in precisione e abilità tecnica.

Il secondo pezzo nasce invece dall’estro del maestro greco Andonis Foniadakis: il suo Kosmos è narrazione del caos urbano contemporaneo, che disperde lo sguardo del pubblico in diversi centri di attenzione, a seguire i velocissimi movimenti dei danzatori che punteggiano con energica grazia le note di un’incessante musica elettronica-tribale. Il mutamento del ritmo, sul finale di coreografia, regala un vero e proprio colpo di scena: i ballerini si trasformano in marmi danzanti, veri e propri corpi di luce che trasportano il pubblico in un universo altro, amniotico cosmo dal grande fascino visuale.

La terza ed ultima parte della messa in scena è dedicata al lavoro coreutico di Barak Marshall: il suo Harry è un vero e proprio racconto teatrale che si avvale, oltre che delle gioiose coreografie tessute sulle note di musiche tipiche della sonorità jazz, di momenti di recitazione, di mimica, di declamazioni in differenti lingue. Si narrano le peripezie del giovane Harry, che per amore muore e sempre rinasce, affrontando con determinazione e candido disincanto le difficoltà di un mondo nel quale trova vitale, gioiosa espressione il tormento amoroso, l’eterna querelle tra uomo e donna, e in cui l’universo maschile si scontra e talvolta si abbraccia (con commovente grazia) al suo omologo femminile.

Sequenze di gruppo, trii e duetti si alternano a creare uno spettacolo che non è solo un riuscito ragionamento sulle mille sfaccettature dell’umana specie ma anche una vitale, gioiosa messa in scena capace di allietare il pubblico con intelligenza e originale grazia: specie di questi tempi non sembra affatto cosa da poco.

Marco Moraschinelli

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