“Lazzaro felice”, un film di Alice Rohrwacher, la recensione

Lazzaro felice (Italia, 2018) di Alice Rohrwacher con Adriano Tardiolo, Alba Rohrwacher, Luca Chikovani, Agnese Graziani, Sergi Lopez, Tommaso Ragno, Natalino Balasso, Nicoletta Braschi

Sceneggiatura di Alice Rohrwacher

Drammatico, 2h 05’, 01 Distribution, in uscita il 31 maggio 2018

Voto: 7 su 10

Il terzo lungometraggio di Alice Rohrwacher, dopo Corpo celeste (2011) e Le meraviglie (2014), è un’opera ambiziosa e sregolata, che per temi narrati e impostazione stilistica molto deve – come del resto dichiara esplicitamente la sua regista/autrice – alle opere di Ermanno Olmi e dei fratelli Taviani, ma che, al contempo, possiede nella sua anarchia narrativa il suo elemento di maggiore originalità e di più grande rischio.

Lazzaro_Felice_Poster_Film_FestivalCannes2018Lazzaro felice, migliore sceneggiatura all’ultimo Festival di Cannes, costruisce un parallelismo tra il dilungarsi del fenomeno della mezzadria nell’Italia degli anni ‘80 – dipingendolo come una condizione di romantica miseria – e la marginalità sociale alla quale vengono relegati gli odierni accattoni,  coloro che di espedienti sopravvivono nelle periferie dei grigi conglomerati urbani che compongono il tessuto cittadino dell’Italia contemporanea; questo accostamento – attraverso un artificio narrativo azzardato e sorprendente – per domandarsi se, in questo passaggio da un medioevo materiale ad un medioevo umano, possa ancora avere un posto quel concetto di bontà umana, assoluta e disarmante, che nel film è personificato dal giovane Adriano Tardiolo, il Lazzaro di biblica ispirazione che di questa vicenda è protagonista.

Come il grande inganno che la comunità contadina di cui si racconta la storia subisce ad opera della Marchesa Alfonsina De Luca (Nicoletta Braschi in una parte che le calza a pennello), similmente la Rohrwacher costruisce per il suo pubblico una fiaba agrodolce colma di azzardi e forzature, che seduce al solo patto di voler abbandonare ogni logica e verosimiglianza. In un film romanticamente coerente e concentrato nel suo proposito di far sopravvivere la purezza del suo protagonista nonostante sfruttamenti e tradimenti di ogni sorta, tuttavia, lascia spiazzati il penoso epilogo che determina la sorte del vessato santo/eroe, amara conclusione che, in un film che molto ha osato fino a quel momento, è al di sotto delle premesse mostrate fino a poche scene prima.

La terza prova registica dell’autrice toscana è comunque un lavoro che non teme i propri azzardi, prova imperfetta ma coraggiosa di una cineasta visionaria – ricordiamo – non ancora quarantenne.

Marco Moraschinelli

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