“Il marito di mio figlio”: un successo firmato Daniele Falleri

IL MARITO DI MIO FIGLIO
scritto e diretto da Daniele Falleri
con: Andrea Roncato, Monica Scattini, Pia Engleberth, Pietro De Silva, Ludovico Fremont, Domenico Balsamo e Roberta Giarrusso.

Voto: 7½ su 10

Era dai tempi di “Bionda Fragola” di Mino Bellei (1979) che le scene italiane non ospitavano una commedia altrettanto intelligente e piacevole a tematica omosessuale. Daniele Falleri firma, nella doppia veste di autore e regista, uno spettacolo brillante capace di intrattenere e divertire tutti, uomini e donne, etero e gay.

marito-diLa premessa comica è semplice: George e Michael sono due ragazzi che si amano e decidono di sposarsi. Tuttavia, prima di partire per il paese dove tale unione è consentita dalla legge, devono prendere coraggio e dirlo ai rispettivi genitori, del tutto ignari degli orientamenti sessuali dei propri figli. Inutile dire che quest’azione porterà scompiglio nelle famiglie, con conseguenze squisitamente comiche. Il successo è da attribuire principalmente al buon impianto drammaturgico: Falleri riesce a ritrarre il mondo omo in modo autentico, senza scimmiottarlo, spostando l’asse della comicità centro-eccentrica sui personaggi secondari, ovvero i genitori (ed è qui che fa centro e vince). Semina, inoltre, una serie di equivoci che avranno la loro risoluzione a fine spettacolo, esattamente come la buona commedia esige: tutto torna, insomma, in questo marchingegno ben architettato. A questo va aggiunta una nota di merito all’azzeccatissimo cast: tutti bravi, ma un plauso particolare va a Pietro De Silva, generoso e coraggioso nel donarsi al pubblico che lo ricambia con affetto e applausi a scena aperta, e a Pia Engleberth, irresistibile nei panni della madre austera e cinica, tanto misurata quanto impeccabile nei tempi comici, capace di restituire una lettura del testo così ironica e divertente da impreziosirlo ancor di più. Scatenata più che mai la Scattini che diverte perché si diverte. Unimage004 po’ sotto tono Andrea Roncato, e decisamente troppo sopra le righe (volutamente cartoonesca) la Giarrusso. Se si volesse essere pignoli, inoltre, la commedia necessita di un altro po’ di rodaggio, nella pulizia della prossemica attoriale quanto nei cambi di scena (da rendere più fluidi e correggere nei tempi). Ma la perfezione non esiste, per fortuna, e lo spettacolo merita davvero di essere visto. Al Teatro Parioli di Roma fino al 13 gennaio.

Andrea Ozza

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