“Ferdinando” di Annibale Ruccello, uno spettacolo di Nadia Baldi, la recensione

FERDINANDO
di Annibale Ruccello

con Gea Martire (Donna Clotilde), Chiara Baffi (Gesualda), Fulvio Cauteruccio (Don Catellino), Francesco Roccasecca (Ferdinando)
regia Nadia Baldi
costumi Carlo Poggioli
scenografia Luigi Ferrigno
consulenza musicale Marco Betta
aiuto regia Rossella Pugliese
organizzazione Sabrina Codato
progetto luci Nadia Baldi
foto in videoproiezione Davide Scognamiglio
Produzione Teatro Segreto srl

In scena al Teatro Piccolo Eliseo di Roma fino al 5 novembre 2017

Voto D’Errico: 9 su 10
Voto Ozza: 9 su 10

Il teatro di Annibale Ruccello è sempre un gran regalo. Con Ferdinando, da molti considerato il suo capolavoro, non si può fare a meno di notare l’utilizzo ricchissimo e pittoresco del napoletano, in un testo che usa il problema della lingua per collocare temporalmente la vicenda in un paese del vesuviano (forse proprio quel Castellammare di Stabia che diede i natali all’autore) alla fine del regno borbonico, nel 1870. Ma se la questione storica non era nelle mire di Ruccello, tanto meno lo è nel nuovo allestimento che dell’opera ha realizzato la regista Nadia Baldi, che infatti ambienta tutta la commedia in un altrove onirico, poco caratterizzato a livello contestuale e maggiormente concentrato a portare in scena le pulsioni amorali di una certa borghesia decaduta all’indomani dell’Unità.

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Un testo semplicemente magnifico, un classico della letteratura teatrale contemporanea italiana, che Ruccello scrisse appositamente per l’attrice Isa Danieli, indimenticabile Donna Clotilde nella prima messa in scena del 1986, poco prima della tragica e prematura morte dell’autore a soli 30 anni. Dell’interpretazione iconica della Danieli resta memoria in una registrazione del 1998 con una brutta regia televisiva a cura di Giuseppe Bertolucci, mentre è del 1990 la rara trasposizione cinematografica Ferdinando uomo d’amore di Memé Perlini, con Ida di Benedetto nei panni della baronessa allettata e Marco Leonardi nel ruolo del titolo, che, nonostante qualche ammissibile libertà, riusciva a catturare bene quel misto di perversione e frustrazione sessuale di cui le azioni grondano.

Sul palco del Piccolo Eliseo è Gea Martire a misurarsi con una Clotilde dispotica e accentratrice, inchiodata da una malattia mai ben chiarita a un letto che è la sua prigione e col quale è diventata un tutt’uno; la assiste una cugina povera, donna Gesualda, che le fa da infermiera facendo muso duro ai suoi continui attacchi, e le porta quotidiano conforto – solo nelle intenzioni – Don Catellino, il parroco del paese. La cadenza delle giornate sempre uguali subisce una scossa quando giunge a Clotilde una missiva: è lei la parente più prossima del giovane nipote Ferdinando, che presto la raggiungerà. L’arrivo del ragazzo, dalla bellezza “morbosa e strisciante”, porterà a galla tensioni e contraddizioni in una spirale inarrestabile di degrado.

Splendido per recitazione e concezione scenica, il Ferdinando di Nadia Baldi sfrutta le bramosie di sesso e di classe dei personaggi, li tuffa in un antro claustrofobico fatto di tiranti, campanelli, cingoli, trespoli a ruote e colori infernali, e ne rispetta l’inevitabile dannazione della pagina ruccelliana. Si dimena Clotilde nel suo sudario bianco, condannata dal suo stesso disprezzo, trascinando con sé chi le sta attorno, senza mai riconsiderare il suo ruolo di vittima dei tempi: Gea Martire è grande nell’interpretarne ogni sfumatura, dalla più comica alla più profondamente tragica; la affiancano gli eccellenti Chiara Baffi, una Gesualda di imponente statura drammatica, Fulvio Cauteruccio, che fa un Don Catellino smanioso e mellifluo, e il giovane Francesco Roccasecca, l’oggetto delle passioni di tutti, Ferdinando. Il consiglio è di non perdere quest’occasione, che avrebbe meritato il palco e la sala dell’Eliseo.

Giuseppe D’Errico

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