“Due – Una piccola patria”, ambiziosa storia d’amore senza parole

La  Piccola Compagnia Impertinente
presenta
DUE una piccola patria
di Paolo Alessandri e Pierluigi Bevilacqua
con Pierluigi Bevilacqua e Ramona Genna
e con Enrico Cibelli
Musiche The overbooking orchestra
Foto e video Emanuele Massaioli
regia Paolo Alessandri
in scena al Teatro Furio Camillo di Roma fino al 2 marzo

Voto: 5 su 10

Cercare di raccontare l’amore è sempre un rischio, che vale la pena di correre. Tale rischio si moltiplica a dismisura se il tentativo non prevede l’uso della parola e si affida solamente alla forza della musica e al linguaggio del corpo (mimo, danza, gesto simbolico).
Sotto questi ambiziosi presupposti si sviluppa Due – Una piccola patria, spettacolo di Paolo Alessandri e Pierluigi Bevilacqua, incentrato sulla nascita e sulla conseguente evoluzione del sentimento amoroso in una giovane coppia. La narrazione procede assecondando l’originalità degli intenti in rapporto alla perspicacia dello spettatore, chiamato a dare forma e senso all’agitato percorso dei personaggi. Oltre alla potente colonna sonora originale, composta da Enrico Cibelli – che nel racconto è presente nelle vesti di una sorta di deus ex machina, col compito di mutare le passioni umane nelle emozioni del canto – a filtrare la vicenda privata concorrono anche due marionette, copie dell’uomo e della donna, che prima si avvicinano e poi, drasticamente, si allontanano sul palco. L’operazione è complessa e, sebbene carica di tutti i migliori propositi, resta incerta e confusa. Tante buone intuizioni non riescono a sorreggere la banalità di un rapporto sentimentale, impostato sulle canoniche tappe dell’occasione (ti voglio, ti prendo, ti odio, ti lascio, ti amo). Il racconto, invece, avrebbe potuto basarsi su ben altri espedienti narrativi (quello delle marionette, ad esempio, poteva essere sfruttato molto meglio) proprio per schivare retorica e stereotipi, sempre dietro l’angolo.
All’attivo restano le performance senza risparmio di Bevilacqua e della Genna (già interprete per la Compagnia Ricci/Forte), le belle musiche di Cibelli e l’impegno di un’allestimento che, forse, andrebbe rivisto sotto alcuni aspetti. Ne apprezziamo, comunque, il coraggio di averci provato.

Giuseppe D’Errico

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