“DI-VI-NA – Per vocazione Star”, uno spettacolo scritto, diretto e interpretato da Riccardo Castagnari, la recensione

Presentato da R.C. e Xenia

DI-VI-NA – Per vocazione Star
di e con Riccardo Castagnari

accompagnato da Andrea Calvani al pianoforte
Assistente Costumi Francesco De Marco
Luci Luca Capparucci
Assistente Regia Adriana Alben
Regia di Riccardo Castagnari

In scena all’Off/Off Theatre di Roma fino al 4 febbraio

Voto: 7½ su 10

Le parolacce bisogna saperle dire, non è cosa da tutti. Ce ne offre un variopinto florilegio Riccardo Castagnari, o meglio DI-VI-NA, la sua ultima creazione. Sono passati i tempi delle crasi romantiche tra principe e regina: in scena ora c’è una figura metà donna metà bestia, sorella minore di Marlene D. e drag queen ritardataria che si diverte a fare la sciantosa da tabarin e a sfoggiare sgargianti parrucche e mirabolanti costumi. Arriva con tutta l’intenzione di farsi notare, col suo baschetto e una vaporosa pelliccia di frange, dà la colpa ai mezzi pubblici per l’affanno e, rivolgendosi perentoriamente a una signora in prima fila, inizia un amabile sproloquio sulla propria accidentata esistenza fatta di ferite famigliari, amori ormai perduti, sesso prezzolato e arte scenica.

Off-Off-Theatre_Divina_posterAlex all’anagrafe, un padre dall’omosessualità repressa, una madre divorata dal senso di colpa, scopre le gioie del travestismo senza mai rinnegare la propria virilità (“al mio cosino ci tengo” dice senza timore di essere smentita) e si innamora di Max, seminarista con motocicletta e fidanzata. Le luci del camerino fanno spazio tra la nebbia dei ricordi, ma Divina ha ben chiaro anche il suo presente e non ha paura di raccontarcelo con la lingua lunga che adora mettere in funzione, senza ipocrisie o mezzi termini. La sua sincerità ci diverte, ci spiazza, ci mette in imbarazzo, quel suo patetico barcamenarsi tra gli scherzi del destino in tacchi alti ci fa sentire vicini a lei e alle sue prodezze da eroina cinematografica, più una furente Vivien Leigh che non una lacrimosa Susan Hayward. Ma se il trucco celasse una verità ben più dolorosa da sopportare?

Riccardo Castagnari è DI-VI-NA, sillabato proprio come piace a questa tenera e disperata creatura nata da una costola di Marlene D. e giunta ora a reclamare gli applausi che troppo spesso la vita le ha negato. C’è una tale, violenta umanità in lei e nell’attore che la interpreta in ogni sua nuance ora comica, ora grottesca, ora melodrammatica, che quasi si fatica a scindere le due identità (solo due?). Questo è certamente un merito che infonde il giusto spessore a un testo, invero, con qualche fragilità di coesione narrativa e con l’artificio delle esibizioni canore, pregevolemente accompagnate al pianoforte dal maestro Andrea Calvani, ad ammantare di sogno una confessione a cuore aperto che non riesce a raggiungere le vette emotive dell’analogo e più celebre spettacolo di Castagnari, ma ugualmente capace di gridare contro il perbenismo assillante della nostra epoca.

La qualità della performance en travesti è indiscutibile, complici scene e costumi ricreati con scrupolo certosino, e consacra l’artista in scena come uno dei più strenui, raffinati e intelligenti conoscitori di una sottocultura camp di dive e lustrini solo apparentemente frivola e sempre più rada nel nostro paese.

Giuseppe D’Errico

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