“Delitto e castigo” di Fedor Dostoevskij, uno spettacolo di Sergio Rubini, la recensione

DELITTO E CASTIGO 
di Fedor Dostoevskij 

adattamento teatrale di SERGIO RUBINI E CARLA CAVALLUZZI
con ROBERTO SALEMI, FRANCESCA PASQUINI
e con G.U.P. ALCARO
voci FEDERICO BENVENUTO, SIMONE BORRELLI, EDOARDO COEN, ALESSANDRO MINATI
scene GREGORIO BOTTA
costumi ANTONELLA D’ORSI
musiche GIUSEPPE VADALÁ
progetto sonoro G.U.P. ALCARO
luci LUCA BARBATI E TOMMASO TOSCANO
regista collaboratore GISELLA GOBBI
regia SERGIO RUBINI

Andato in scena al Teatro Duse di Bologna

Voto: 8 su 10

Fare di un romanzo di Dostoesvskij un’opera teatrale è impresa davvero ardua. La mole di personaggi che gravitano negli scritti del letterato russo, la quantità di eventi e situazioni che s’intrecciano e le implicazioni a livello personale, psicologico e sociale che scaturiscono sono innumerevoli e molto complesse da mettere in scena. Nonostante ciò, molti sono stati i tentativi di trasporre in teatro le opere di Dostoevskij, soprattutto Delitto e castigo, il romanzo scritto nel 1866, la cui ultima versione vista al Teatro Duse di Bologna vede come protagonisti, Sergio Rubini, che ne ha curato anche la regia e Luigi Lo Cascio nei panni del protagonista Raskol’nikov.

“Delitto e castigo” è una delle opere più lette di tutti i tempi. Il romanzo, com’è noto, narra le vicissitudini, soprattutto interiori e psicologiche, di Rodiòn Romànovic Raskòl’nikov, un giovane studente universitario che, a un certo punto della sua esistenza, è costretto a interrompere gli studi per questioni economiche e matura un senso di disprezzo e di odio verso la sua padrona di casa, una vecchia strozzina che soggioga il giovane e che lui disprezza non solo come sua usuraia ma come simbolo di una tipologia di persone da disprezzare e che sarebbe bene non esistessero. Questo tarlo lo ossessiona fino al punto di credere che commettere un omicidio, in un caso del genere, possa diventare un gesto addirittura necessario, non solo per il suo bene, ma per la società stessa.

La trasposizione di Rubini è a metà strada tra un reading, con tanto di leggio, e uno spettacolo recitato. Mentre Lo Cascio indossa, dall’inizio alla fine, i panni del protagonista, il camaleontico Sergio Rubini invece dà voce e corpo ad alcuni dei personaggi principali che gravitano intorno a questa storia come la mamma e la sorella di Raskòl’nikov, o Marmeladov, l’ubriacone conosciuto in una taverna, e la stessa Alëna Ivanovna, la vecchia e avida usuraia.

I due attori in scena sono molto bravi e portano sul palco le loro abilità con agilità e destrezza. Il funambolesco Rubini e in grado di dare credibilità anche ai personaggi femminili che, però, in questa trasposizione non emergono in tutta la loro complessità e rilevanza, come avviene nell’opera del letterato russo in cui le donne sono di primaria importanza, come lo è la mamma di Raskòl’nikov, le cui sfumature psicologiche e implicazioni emotive che la legano al figlio sono talmente aggrovigliate che anche Pier Paolo Pasolini scrisse un trattato sul rapporto edipico di cui il protagonista è vittima, essendo turbato e soggiogato dall’amore che la mamma e la sorella provano nei suoi confronti.

Anche Luigi Lo Cascio veste con convinzione i panni dello studente russo e ne mette in scena le escalation emotive, i turbamenti, le inquietudini, i dubbi che lo attanagliano, ma anche questo senso di superomismo, la convinzione di poter decidere il bene e il male non solo per sé ma per la società intera. L’unica cosa che stona molto è questo copione sempre in mano, che non lascia nemmeno per un attimo evadere lo spettatore dall’idea che siamo di fronte a una recita, che quello che sta succedendo è tutto scritto e si percepisce anche che l’attore stesso ha paura di perdere il segno e che senza quei fogli sia quasi smarrito, perso.

La messa in scena è semplice ma suggestiva, lo spazio è immerso in una coltre buia gremita di giacche appese, figure fantasmatiche che affollano i pensieri e le inquietudini del protagonista e che in alcuni casi si animano per diventare personaggi immateriali. Convincente anche la cornice sonora messa a punto da G.U.P. Alcaro con effetti acustici che danno un tocco di verità e di sussulto alla messa in scena.

Amelia Di Pietro

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