“Cars 3”, un film di Brian Fee, la recensione

Cars 3 (id, Usa, 2017) di Brian Fee

Soggetto di Brian Fee, Ben Queen, Eyal Podell, Jonathon E. Stewart, Robert Peterson

Sceneggiatura di Kiel Murray

Animazione, 1h 42′, The Walt Disney Company Italia, in sala dal 14 settembre 2017

Voto: 6 su 10

Il vecchio che arretra, il nuovo che avanza: tema dei più classici per il ritorno in pista di Saetta McQueen e soci, giunti al terzo capitolo del brand Pixar Cars, inaugurato nel 2006 con straordinario successo di pubblico e proseguita nel 2011 con meno fortuna. Nato dalla mente di John Lasseter, il progetto era già agli esordi lontanissimo dall’abituale genialità di forma e contenuti dei più celebri capolavori prodotti dagli studios di Emeryville, eppure più dell’originalità poterono la simpatia delle automobili antropomorfizzate, i colori sgargianti e il ritmo vorticoso, tanto da popolare le camerette dei piccoli under 10 con pupazzi e trapuntine della macchinetta rossa fiammante.

nuovo_poster_cars_3Purtroppo gli anni passano anche per Saetta McQueen, che durante i rally non ha più la grinta di un tempo, specie se chiamato a dover competere con una nuova generazione di bolidi da corsa apparentemente invincibili, capitanati da Jackson Storm. Pur di non ritirarsi, Saetta accetta l’aiuto di un nuovo imprenditore, che vorrebbe farne il protagonista di una campagna promozionale, e di una mental coach vivace e chiacchierona dalla bionda carrozzeria, Cruz Ramirez: sarà proprio grazie a lei che Saetta arriverà a una presa di coscienza inevitabile, sulle orme del suo mentore Doc Hudson.

Parlando di motori, e tenendo fede alla legge della conservazione della massa, Cars 3 obbedisce alla meccanica classica della narrazione pixariana facendo proprio il cosiddetto postulato di Lavoisier, secondo cui «nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma». L’evoluzione del protagonista è segnata dalla crescita, con tutto ciò che ne consegue: fare i conti col proprio passato, prendere le misure col presente e reinventarsi in un futuro migliore. Il mostro da sconfiggere non è il bolide rombante dalla scura armatura, ma la paura di non farcela e di essere ormai inutili. Un bel messaggio sulla seconda occasione e sulla bellezza del potersi reinventare “altro” rispetto a ciò che si era, che passa per i circuiti roventi di un cartoon moderatamente divertente e troppo convenzionale se consideriamo gli standard elevatissimi a cui la Pixar ha abituato il suo pubblico, ma piacevole e appassionante, almeno per i più piccoli.

Giuseppe D’Errico

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