“Beatrice Cenci”, il mito rivive in un musical a metà

Compagnia Teatrale “Il Caravaggio”

BEATRICE CENCI

Musiche e Orchestrazioni: Simone Martino
Libretto: Simone Martino – Giuseppe Cartellà
Regia: Davide Lepore

Beatrice Cenci: Sharon Alessandri
Francesco Cenci: Giuseppe Cartellà
Giacomo Cenci: Enrico D’amore
Lucrezia Petroni Velli: MariaGrazia Di Valentino
Olimpio Calvetti: Lorenzo Tognocchi
Il Giudice: Paolo Gatti
Il Bargello: Marco Manca
Claudia (Donna Moderna): Ilaria Deangelis
La voce del Monsignore è di: Franco Zucca

Tecnico del Suono: Willy Antico – Disegno Luci: Davide Lepore – Costumista: Laura Federico
Sarta: Maria Maimone
Progettazione Grafica: Letizia M.Galli – Foto: Barbara Gravelli e Willi Antico

In scena dal 15 al 19 aprile al Teatro Greco di Roma

Voto: 6½ su 10

Era il torrido 11 settembre del 1599 quando, nella piazza di Ponte Sant’Angelo in Roma, veniva condannata a morte Beatrice Cenci, nobile capitolina accusata di parricidio, insieme alla sua matrigna Lucrezia e a suo fratello Giacomo. Si concludeva così un torbido caso criminale che fece discutere ben oltre i confini nazionali, per la giovane età di Beatrice, poco più che ventenne, per le violenze anche di tipo sessuale che subì dal tirannico padre Francesco e per le controversie giuridiche. La rinomanza della vicenda si rivelerà grandiosa e la sfortunata fanciulla diventerà nel tempo simbolo della ribellione giovanile contro la dittatura dei genitori, della bellezza scomoda e ammaliatrice, dell’innocenza punita, della donna oppressa che cerca ad ogni costo la propria indipendenza.

Immortalata nei secoli in ogni forma d’arte e cultura, dai dipinti (memorabile il mistero del volto di donna con turbante di Guido Reni, o le suggestioni apportate in pittori come Caravaggio e Artemisia Gentileschi, che erano nella folla che assistette all’esecuzione) alla letteratura (da Percy Shelley a Stendhal fino alle opere teatrali di Niccolini e Moravia), la storia della bella Cenci, angelo sterminatore e vampiro di seduzione, ritorna in questa opera drammatica musicale diretta da Davide Lepore, su musiche di Simone Martino e libretto dello stesso con Giuseppe Cartellà. Un musical a metà.

Se la vicenda infiammò le cronache del tempo, portando il mito di Beatrice fino ai giorni nostri, è perché la sua tragica storia trova riflesso e rivalsa in tante vittime che, nelle sue gesta fatali, seppero rintracciare la spinta sovversiva a un destino ineluttabile. Lodevolissima, perciò, l’iniziativa di rispolverarne la fama, dando a tutti la possibilità di conoscerne le tristi vicissitudini. Altrettanto encomiabile la fattura interamente italiana dello spettacolo, in tempi in cui il musical è più una merce d’acquisto dall’estero, con importanti riconoscimenti all’attivo (Festival della Commedia Musicale e Musical d’Autore “Domani forse Broadway” e attualmente selezionato tra i finalisti del concorso “Primo”, premio italiano del Musical Originale).

L’impressione, però, nel debutto al teatro Greco di Roma del 15 maggio (al quale perdoniamo gli oltre 40 minuti di ritardo e una certa incontrollata enfasi da parte di alcuni degli interpreti), è che il lavoro sia ancora in una, seppur felice, fase di rodaggio. Si fatica francamente a concepire l’idea registica per cui gli attori siano seduti sullo sfondo, davanti a un tappetino rosso che li porta all’asta microfonata, quindi in piedi a cantare e solo con minime  se non nulle interazioni recitative tra loro: l’effetto è sanremese. Anche l’espediente di denuncia alla violenza femminile, affidato al personaggio di una donna contemporanea dal volto tumefatto che, a margine del palco, legge il libro di memorie di Beatrice, appare ancora forzato e slegato dal contesto, soprattutto se l’avventuroso complotto ordito dall’impavida protagonista è così appassionante da non riservargli la giusta attenzione.

Perché, per il resto, il dramma della sventurata romana è raccontato con scrupoloso rispetto storico dei fatti reali (anche se l’orrido Francesco non si sarebbe mai fatto avvelenare, lesto com’era a chiedere “credenza” di tutto ciò che ingeriva), oltre a trovare una dimensione ideale nel musical. Migliore la seconda parte, più movimentata ed energica, rispetto alla prima, più statica e priva di effetti scenografici efficaci, non lasciano insoddisfatti le melodie ma si sente la mancanza di un coro e un corpo di ballo a dare calore all’insieme. In generale, lo spettacolo non è privo di pathos. Auguriamo a questa Beatrice Cenci di affinare le pecche e ottimizzare il sicuro potenziale, così da poter godere una lunga vita nella sua forma migliore. Lo merita.

Giuseppe D’Errico

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