“Aquaman”, un film di James Wan, la recensione

Aquaman (id, USA 2018) di James Wan con Jason Momoa, Amber Heard, Williem Dafoe, Patrick Wilson, Dolph Lundgren, Yahya Abdul-Mateen II, Nicole Kidman

Sceneggiatura di David Leslie Johnson-McGoldrick e Will Beall

Cinecomic/Fantasy 2h 23’, Distribuito da Warner Bros Pictures, in uscita il 1 gennaio 2019.

Voto: 5 su 10

Le origini del supereroe noto come Aquaman  si debbono all’immaginazione dello scrittore Mort Weisinger e dell’illustratore Paul Norris, che nel lontano novembre del 1941 scrissero, per le pagine della rivista antologica “More fun comics”, la prima avventura di Arthur Curry, essere fornito di forza sovraumana, capace di respirare in acqua e di comunicare telepaticamente con le creature marine.

2018_12_aquaman_locandina01Il regista James Wan porta ora al cinema un film interamente dedicato al principe della città sottomarina di Atlantide, poiché la sua prima, breve apparizione sul grande schermo risale a Batman contro Superman del 2016, seguita l’anno successivo da una presenza più corposa in Justice league, pellicole entrambe dirette da Zach Snyder (qui nelle “sole” vesti di produttore esecutivo”).

In quest’avventura filmica il personaggio incarnato dall’attore hawaiano Jason Mamoa si trova a dover fronteggiare gli attacchi del pirata Black Mamba e un’insurrezione da parte del fratellastro Orm (Patrick Wilson) che dalle profondità dell’oceano sta organizzando una guerra per sottomettere il mondo emerso alla superiorità della civiltà atlantidea; grazie all’aiuto di Mera, una potente principessa guerriera interpretata da Amber Heard, il nostro riluttante protagonista prenderà pieno possesso dei propri poteri per tentare di scongiurare una guerra tra la civiltà marina e il mondo terrestre.

Aquaman precipita lo spettatore, per quasi tutte le due ore e mezza della sua durata, in un caleidoscopio di avventure di ogni sorta, coinvolgendo il suo protagonista, i suoi alleati e gli antagonisti di turno in una serie incessante di avventure, ammalianti dal punto di vista visivo, ma decisamente blande sotto il profilo narrativo. Curioso, poi, che ciascun passaggio di ambientazione, nel lungo viaggio che l’eroe intraprende prima dell’abbacinante scontro finale, si ispiri a immaginari cinematografici altri: passiamo da situazioni alla Indiana Jones a viaggi in stile Jurassic Park, ci avviciniamo al territorio di Mission Impossible e a quello di Predator o di Pacific Rim per poi approdare alla maestosità delle battaglie di massa in odor di Signore degli anelli.

Questa molteplicità di ispirazioni visive crea un film sì spettacolare e in diversi passaggi gioiosamente godibile, rispecchiando il carattere ironico del suo protagonista (siamo molto lontani dalle ombre e dei tormenti di altre pellicole DC su Batman o Superman ad esempio) ma questa prima avventura in solitario del re dei mari non riesce a creare un’identità forte per il suo personaggio principale, che si imponga con chiarezza distintiva all’interno (per lo meno) del genere Cinecomics.

L’emotività, inoltre, è legata alle due sole apparizioni del personaggio di Atlanna (Nicole Kidman) madre di un eroe che, per ora, fatica a definirsi come tale, assomigliando l’Artur Curry di Momoa più che altro a uno scanzonato, muscoloso spaccone.

Marco Moraschinelli

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